~TokioHotel's Fan Fictions~

Competizioni e conquiste, capitolo 3.1

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Dollars1995
view post Posted on 30/1/2011, 16:28




Capitolo III
Competizioni e conquiste (parte 1)



Gli occhi del piccolo rimbalzavano costantemente da suo padre a sua madre, da sua madre a Mark e poi di nuovo a suo padre, un vero e proprio circolo vizioso.
Sbuffando arrotolò alcuni spaghetti con la forchetta e li porto piano alla bocca gonfiando le guance rosee, senza dimenticare di tenere sotto controlli gli altri commensali. Li masticò con lentezza infinita ed indignato. Possibile che uno sconosciuto arrivato si e no da due ore potesse rapire l’attenzione dei suoi genitori in modo così... completo? Da quando era iniziato il pranzo non gli avevano rivolto mezza parola, non l’avevano calcolato minimamente. Era diventato improvvisamente un piccolo fantasmino di sette anni che sedeva a tavola mangiando degli spaghetti tutto solo soletto mentre gli adulti parlottavano fra loro, a volte ridevano, altre volte invece erano più seri.
Scosse la testa. Perché diavolo era arrivato a rovinare la sua famiglia? Stavano così bene quando lui non c’era, quando il papà ne parlava e basta, quando lui se lo immaginava. Era sicuro del fatto che avrebbe fatto crollare definitivamente il suo piccolo nucleo famigliare.
Ebbe un’idea, forse così lo avrebbero degnato di un po’ di attenzioni.
Finì di masticare quella forchettata di spaghetti e li inghiottì. Alzò la mano sinistra, quella nella quale teneva la forchetta in quanto mancino, e la aprì di scatto.
Uno squillante rumore si diffuse nella sala da pranzo in meno di due secondi ed il piccolo si ritrovò tre paia di occhi addosso. Istintivamente arrossì ed abbassò il volto verso il suo piatto.
Vide quelli verdi della madre brillare di una luce strana, un qualcosa che non seppe capire bene cosa fosse. Di una cosa però era sicuro, quell’occhiataccia era rivolta a lui e mormorò un flebile ‘scusa’.
Inaspettatamente sentì la voce dello ‘sconosciuto’ e ancora più inaspettatamente capì che si stava rivolgendo a lui.
Fece finta di non averlo sentito e riprese a mangiare quei pochi spaghetti che gli erano rimasti dentro al piatto. Il padre con un sorrisino di circostanza perché odiava la maleducazione, specialmente se testimone ne era un ospite e soprattutto se ciò avveniva a casa sua, gli disse:
«Tesoro, Mark sta parlando con te. Non essere scortese con gli amici di papà.»
“Certo, amico che vuole portarti via”, si ritrovò a pensare Riccardo mentre rialzava per l’ennesima volta lo sguardo dal suo piatto di pasta al pomodoro. Puntò subito gli occhi su quell’uomo che all’inizio aveva trovato simpatico ma che, dopo neanche un’ora, aveva preso ad odiare con tutte le proprie forze.
Appena l’aveva visto gli era sembrato quasi un angelo, forse perché l’aveva salvato prima che cadesse e perché aveva un buon profumo. In fondo, non era così che la sua mamma gli descriveva gli angeli?
Una sera mentre era nel letto che si girava e rigirava sia a causa del caldo di Agosto, sia a causa del ronzio delle zanzare, gli tornò in mente il film che aveva visto nel pomeriggio, sdraiato sul divano con un succo all’arancia tra le mani. Era stato un film strano e che lui, ad essere sinceri, non aveva pienamente compreso. Gli sembrava che parlasse di persone morte che, non si sa come, diventavano angeli reincarnati nei corpi delle persone o giù di li. Comunque dopo neanche tre quarti d’ora aveva spento il televisore ed era uscito in giardino a giocare a palla.
Dopo essersi girato per l’ennesima volta, scese dal letto e, facendo meno rumore possibile, aprì la porta. Appena si affacciò notò la luce accesa nello studio di suo padre. Così, silenziosamente ma il più velocemente possibile, si fiondò alle scale ed iniziò a scenderle a piedi nudi.
Tenendosi al corrimano arrivò alla fine ma, proprio sul penultimo scalino inciampò, cadendo a faccia avanti.
Quella volta purtroppo non c’era nessun angelo che poteva salvarlo, fin infatti steso per terra sbattendo forte il naso contro il pavimento.
Intanto Simona stava ascoltando uno dei tanti telegiornali che aveva trovato girando per i vari canali mentre finiva di sistemare il retrocucina.
Proprio in quel momento una notizia la sconvolse.
Si precipitò di fronte al televisore come se così avesse potuto capirne di più. La giornalista aveva ricevuto un foglio e lo stava leggendo.
«Siamo stati informati proprio adesso di ciò. La superstar Leonie che ieri ha avuto un incidente con la propria vettura, è entrata poche ore fa in coma. Le sue condizioni sono molto gravi e i medici pensano che non riuscirà a superare la notte. I fans continuano a sostenerla in questo momento in doveroso silenzio e con una candela in mano fuori dall’edificio ospedaliero.»
La donna continuava nella lettura del foglio, ma ormai Simona non la ascoltava più, gli occhi le si erano riempiti di lacrime, non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito.
Tornò nel retrocucina e posò la spugnetta che aveva tenuto tutto il tempo in mano e ripose un ultimo piatto nel pensile.
Neanche il tempo di rimuginare due secondi su ciò che aveva appreso, che sentì un tonfo provenire dalle scale e, immediatamente dopo, un urlo accompagnato da un pianto disperato.
Dopo neanche due minuti si stava dondolando avanti e indietro sulla poltrona in salotto con suo figlio tra le braccia, un sacchetto con del ghiaccio premuto contro la fronte del piccolo. Sentiva una sua manina stropicciarle la camicetta che indossava, mentre l’altra la passava freneticamente sui suoi occhioni. Ogni tanto un singhiozzo lo scuoteva e allora lei gli sussurrava parole rassicuranti all’orecchio, ma il piccolo non voleva saperne di calmarsi.
Andres li guardava con gli occhi verdi velati di preoccupazione per il proprio bambino.
Appena aveva sentito tutto quel trambusto era uscito dal suo studio, dove stava finendo del lavoro arretrato, e aveva trovato sua moglie intenta ad abbracciare il figlio caduto a terra.
Non si era preoccupato mai così tanto, neanche quella volta che aveva rischiato di operarsi.
Il cuore ancora gli batteva furioso nel petto.
Per quanto grande Riccardo potesse essere, era pur sempre un bambino di sette anni e gli riusciva molto facile scivolare sulle scale.
Dopo una buona mezz’oretta si era calmato, per cui Andrea lo riportò in camera e gli rimboccò le coperte. Dopo che il papà se ne fu andato non dovette aspettare neanche cinque minuti che arrivò la mamma, la quale lo stava guardando con uno sguardo amorevole diverso dal solito. Ed era stato in quel momento che gli aveva spiegato come erano gli angeli.

~~

Assonnato e con lo zainetto in spalla, Riccardo scese lentamente le scale mentre con una mano si stropicciava gli occhietti semichiusi a rischio ruzzolone. Simona lo guardava dalla cucina con un cucchiaino da caffè nelle mani, incurante dell’enorme chiazza marrone che si era creata a terra dovuta al gocciolare della posata. Lo teneva di mira così nel caso lo avesse visto inciampare sarebbe stata pronta a prenderlo.
Fortunatamente il bambino arrivò al piano terra incolume e ancora addormentato.
Con una mano la donna afferrò una spallina dello zaino e glielo tolse dalle spalle.
«Mamma, ho tanto sonno. Posso rimanere a casa?» chiese con gli occhi pieni di speranza.
La donna rimase un po’ spiazzata da quella richiesta. Mai da quando aveva lasciato il Kidergarten, l’asilo, per la Grundschule, le elementari, le aveva chiesto una cosa del genere. Non amava affatto la scuola, ma sapeva che se ci andava faceva contenti la mamma e il papà, per cui non aveva mai fatto storie. Perché allora iniziava a farne adesso?
Simona si inginocchiò di fronte al figlio. «Mein Schatz? Perché mi chiedi di rimanere a casa? E’ successo qualcosa a scuola?»
Un’ombra scura si era insidiata nello sguardo della donna, era preoccupazione, ma il piccolo si limitò a scrollare le spalle. «No, ho solo tanto sonno.» Non finì neanche di parlare che sbadigliò proprio in faccia a sua madre che, seppur inconsciamente, tirò un sospiro di sollievo. Si preoccupava sempre troppo, forse perché non voleva essere una mamma distratta, o forse perché voleva che suo figlio avesse ciò che lei non aveva mai avuto, una famiglia che si preoccupava per lei.
Suo padre era sempre stato impegnato tra mille scartoffie, la piccola Simona neanche osava entrare nel suo studio; sua madre invece era sempre dentro le mura domestiche ma, troppo presa a pulire e ad arrabbiarsi con il marito, accantonava sua figlia in un angolo. Più di una volta era successo che avesse scaricato la bambina a casa di una compagna di scuola e tante volte aveva dimenticato addirittura di andarla a prendere.
Simona non aveva mai detto niente, ma da sola e avvolta dal buio della propria cameretta, piangeva in silenzio.
Poi c’erano quei giorni in cui entrambi erano tutti per lei. Se però ricevevano una chiamata, anche non importante, non esitavano un secondo a lasciarla dai nonni.
Chiedere di essere considerati dai propri genitori era pretendere troppo?

«Mamma, perché piangi?»
Simona fu riportata bruscamente alla realtà dalla domanda del figlio. «Cosa stai dicendo? Non sto piangendo.»
Riccardo le passò le manine sulle guance, poi rivolse a lei i palmi e le fece vedere. La bocca della madre si increspò in un sorriso tirato e gli diede un bacio in fronte.
«D’accordo, per questa volta puoi rimanere, a patto però che rimarrai con Mark. Va bene?»
Riccardo alzò di scatto la testa verso Simona e sgranò gli occhietti, con lui non ci sarebbe rimasto.
«No.» esclamò secco voltando le spalle alla mamma, la quale rimase un po’ scioccata dalla risposta del figlio. «Perché non vuoi stare con Mark? Ti ha fatto qualcosa?»
Vide Riccardo girarsi lentamente verso di lei e sporgere in fuori le labbra. «E’ antipatico.»
Mark intanto era seduto al tavolo della cucina mentre, tra un sorso di caffè e un morso alla pancetta, discuteva con Andres di qualsiasi cosa gli passasse in quel momento per la testa. Quella era una delle poche famiglie in cui la televisione veniva accantonata durante la colazione, ne era rimasto molto sorpreso visto che, con un bambino in casa, è molto difficile da realizzare eppure sembrava che loro ci stessero riuscendo.
Prese una fetta di pane dal cestino posto alla sua destra e vi spalmò sopra della marmellata alla prugna, dopodiché prese un sorso di caffè dalla sua tazza; con la coda dell’occhio vide che sopra il tavolino vicino alla porta vi era posto der Spiegel, un settimanale. Forse più tardi gli avrebbe potuto dare un’occhiata.
Dal corridoio si sentiva la voce di Simona che parlava con il figlio. Quel bambino era troppo critico nei suoi confronti, appena era arrivato gli aveva fatto una lastra completa con tanto di referto medico incluso. Una domanda gli ronzava costantemente in testa: cosa aveva fatto per procurarsi la sua antipatia?
Si voltò di scatto verso la porta quando vide la chioma ramata di Simona varcare la porta della cucina e subito dietro il piccolo Riccardo come se fosse stato un cagnolino zelante che corre dietro al proprio padrone; teneva lo sguardo basso, sul pavimento e non si degnò neanche di salutalo quando questi gli diede il buongiorno.
La donna, che intanto aveva posato lo zainetto sul divano accanto alla finestra, gli fece segno di non preoccuparsi , ma lui invece si preoccupava eccome. Nella sua mente si stava facendo strada l’idea di conquistare il bambino, il problema era: come?


Note: Allora ragazze, chiedo infinitamente perdono per tutto il tempo che vi sto facendo aspettare ma è un po' di tempo che non ho voglia di fare niente, ho mille impegni e non ci raccapezzo una cippa. Vi dico anche che sono stata male, tirate voi le somme.
Dunque, questo capitolo avreste potuto averlo tipo un mese fa ma, per via di un pezzo che non sapevo come chiuderlo, avete dovuto aspettare fino ad ora.
Vi anticipo già che della seconda parte ancora non ho scritto un emerito niente. Non uccidetemi per favore .-.
 
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» Nika «
view post Posted on 1/2/2011, 13:23




Tranquilla Sil ;)
Non c'è mica l'obbligo di postare tutti i santi giorni xD E poi ho sempre detto che i capitoli, per uscire perfetti, vanno scritti con calma... Quindi puoi metterci tutto il tempo che vuoi ;)


Ritornando al capitolo:
caspita!!! Io mi sono innamorata di quel bambino <3 E' troppo dolce, anche se giustamente ha i suoi capricci xD Ancora però non mi è chiaro come mai odia così tanto Mark....
E sono sicura che Mark è anche collegato a Leonie.. Penso giusto?? ^__^
 
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Dollars1995
view post Posted on 1/2/2011, 14:21




I bambini hanno un sesto senso xD (o forse no?)
Leonie, Mark, sinceramente non lo so neanche io, ce l'ho messa all'ultimo momento e ancora devo sistemare il suo personaggio nella storia
 
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» Nika «
view post Posted on 1/2/2011, 20:51




Sarebbe bello se tipo Leonie fosse la reincarnazione di Mark o.O
Oddio, blatero troppo XDXD
 
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Dollars1995
view post Posted on 2/2/2011, 14:57




O.O Da dove ti escono queste idee??
 
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» Nika «
view post Posted on 3/2/2011, 20:38




Guardo troppi film, mi sa XD
 
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Dollars1995
view post Posted on 3/2/2011, 20:39




Probabile!
 
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6 replies since 30/1/2011, 16:28   62 views
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