~TokioHotel's Fan Fictions~

III capitolo

« Older   Newer »
  Share  
Dollars1995
view post Posted on 28/4/2011, 15:00




Hush



Autore: Dollars1995
Titolo: Hush
Rating:R
Avvisi: Adult Contenent, Blood, Death Fic, Crossdressing, language, violence.
Genere: Romantico (solo in alcuni punti), Horror
Riassunto:

Prese la busta e fece schioccare la lingua in direzione della donna.
«Ci si vede tesoro.»
Un piercing alla lingua.


Licenza Creative Commons
Hush by Dollars1995 is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported License.
Based on a work at dollars1995.wordpress.com.





III Capitolo

.

••Ziele••
••Obbiettivi••




Camminava spedita lungo il marciapiede con la borsa che le rimbalzava contro il fianco. Passando accanto all’incrocio a cui prima lei e suo padre erano fermi, vide due macchine quasi completamente distrutte. Per quanto ne sapeva lei dovevano essere una Polo ed una Audi. Tantissima gente si muoveva freneticamente attorno a quella scena come impazzita.

Mamma mia, sembra non abbiano mai visto un incidente, pensò tra se mentre apriva la porta del bar che si trovava proprio di fronte al semaforo. All’interno del locale la confusione era tale e quale a quella che c’era fuori, con l’unica differenza che la gente si stava agitando attorno a brioches e cappuccini.

Percorse la poca strada che separava la porta dal bancone e vi si appoggiò con i gomiti. «Buon pomeriggio, Alex. Non è che mi potresti fare una cioccolata calda prima che inizi il turno?» chiese all’uomo dietro al bancone che era indaffarato a preparare quello che poi lei riconobbe essere un caffè macchiato. Storse la bocca non appena lo vide. Non aveva mai capito come facesse la gente a bere certi intrugli, al solo pensiero lo stomaco le si contorceva.

«Arriva subito. Intanto se vuoi puoi andarti a cambiare. La tazza te la lascio qui dietro,» le suggerì girandosi verso di lei.

Quel giorno era diversa dal solito. I capelli corvini erano tirati su da una pinza dorata che lasciava liberi solo due o tre ciuffi che le ricadevano davanti all’occhio sinistro. Gli occhi azzurri erano contornati da un filo di matita nera e si era messa un ombretto grigio perlato mentre le labbra erano ricoperte di lucidalabbra. I soliti occhiali erano spariti.

Molto probabilmente indossa le lenti, pensò tra sé Alex. Il suo sguardo scorse sui vestiti.

Contrariamente alle altre volte vestiva una maglietta a mezze maniche nera con delle enormi scritte argentate sul davanti che proseguivano fin sulla parte dietro ed un paio di pantaloni grigi. Riuscì ad intravedere anche una borsa fucsia penzolare dal suo braccio.

«D’accordo, vado a mettermi la divisa,» gli disse sorridendo.

A passo svelto si diresse verso le scale rivestite da un morbido panno rosso scuro mentre un’altra canzone veniva trasmessa. Proprio quando mise il piede sul primo scalino, sentì il proprio cellulare squillare. Infilò una mano nella borsa continuando a salire e cercando a casaccio al suo interno. Quando lo ebbe trovato lo tirò fuori. Un nuovo messaggio. Lo aprì è lesse: “Dopo passo da te”.

Un guizzo strano lampeggiò nei suoi occhi per pochi secondi alla vista di ciò che vi era scritto. L’angolo sinistro della sua bocca si sollevò in uno strano ghigno. Kristien le aveva scritto.

Felice tornò di sotto e bevve la propria cioccolata mentre con lo sguardo vagava tra le strade di Berlino che si intravedevano dalla vetrina. La musica era stata attutita dai propri pensieri e neanche si accorse quando Albert la richiamò dal suo stato di trance avvertendola che il suo turno stava per cominciare.

Era tantissimo tempo che non lo vedeva. Erano sempre rimasti in contatto da quando se ne era andato, eppure non si erano più rivisti da quel giorno, nonostante lei sapesse dove fosse. Non l’aveva fatto perché non voleva tradire la sua fiducia. Anche se l’aveva lasciata a casa da sola in un mondo che non le piaceva affatto, lei non se la sentiva di trattarlo come un traditore perché non lo era. Le aveva promesso che sarebbe tornato e lei aveva aspettato pazientemente, adesso stava per ricevere la sua ricompensa.

«Scusa tantissimo Albert, oggi sono con la testa tra le nuvole,» disse mentre l’uomo, irritato, se ne tornava nel proprio ufficio, quinta porta dopo lo spogliatoio del personale. «Cosa ho fatto?» chiese spaesata ad Alex mentre questi stava servendo un caffè macchiato ad una signora che Rosmunda aveva classificato come “nonnetta rompiballe”.

L’altro si voltò verso di lei e scosse la testa. «Non lo sai? Non sopporta chi non sta con i piedi per terra,» le rispose sorridendo.

La ragazza roteò gli occhi e si diresse dietro al bancone dove l’altro era indaffarato a servire una brioche a una bambina dai capelli ramati. Lo vide molto affettuoso, come non era mai stato lì dentro. Che fosse una sua parente? Poteva anche essere.

Alex si girò verso di lei. «Lascio a te il testimone. Ci vediamo lunedì, d’accordo?»

«Va bene, ciao ciao,» disse mentre lo vedeva scomparire su per le scale. Un signore la stava aspettando dall’altra parte del bancone. «Desidera?» gli chiese non appena si accorse del suo sguardo. Lo vide sistemarsi gli occhiali sul naso e poggiare entrambi i gomiti sul legno.

«E’ più di cinque minuti che la sto aspettando. Si muova.»

Dire che quel tipo, mezzo rincretinito iniziava a romperle leggermente le scatole. «Desidera?» ripeté lei.

«Un caffè corretto, prego.» Si alzò, dirigendosi verso un tavolino dove vi era posato un giornale e se lo prese mettendosi a leggerlo.

Rosmunda sbuffò e si mise al lavoro prima di far incavolare l’uomo ancora di più.

Perché diavolo la gente non se ne rimane a casa a riposare il sabato pomeriggio?, pensò la ragazza mentre metteva in funzione la macchina del caffè.

Scorse con gli occhi su tutti i clienti presenti all’interno del locale. La maggior parte di loro erano uomini in completo giacca e cravatta che probabilmente si concedevano un po’ di riposo prima di tornare in ufficio oppure da mogli petulanti. In un tavolino all’angolo c’era una combriccola di sette ragazzi che ridevano al racconto di uno di loro. Inutile dire che vi era presente anche molta gente che apparteneva alla categoria dell’uomo con cui lei aveva avuto il piacere di scontrarsi: uomini e donne dai capelli brizzolati che squadravano la gente da capo a piedi facendo loro una radiografia completa e che molto probabilmente pensavano fosse loro tutto dovuto e che i camerieri del locare dovessero inginocchiarsi ai loro piedi senza fiatare.

Tsk, arroganti, pensò proprio quando si accorse di aver finito l’acquavite. Girandosi repentinamente fece per entrare in una stanza che fungeva da ripostiglio quando sentì una voce fastidiosa chiamarla.

«Cameriera... il mio caffè, dov’è?»

No, non era possibile. Qualcuno quel giorno doveva avercela con lei per far entrare quello nel bar. Con un sorriso forzato sulle labbra si voltò verso l’uomo. «Sto andando a prendere l’acquavite. Tra meno di mezzo minuto sarò da lei con il suo caffè, glielo assicuro,» e detto questo sparì all’interno della stanzetta senza lasciare il tempo all’altro di ribattere alcunché.

†.†.†



Rania si trovava nell’archivio della polizia ed era stata incaricata da Ramon di prendere un enorme raccoglitore che, molto probabilmente, pesava più di lei. All’inizio aveva storto un po’ il naso: entrare in quel posto non le era mai piaciuto e in più vi aleggiava talmente tanta polvere che sospettava che nessuno andasse più lì a pulire da più di dieci anni. Quella mattina invece quando vi era entrata, aveva trovato un’atmosfera totalmente diversa. Le serrande erano alzate ed alcuni raggi di sole entrava a scaldare e ad illuminare la stanza, le finestre erano spalancate e quell’odore di vecchio che c’era era stato rimpiazzato da un deodorante per ambienti al mughetto. Ci mise meno di quel che credeva a trovare ciò che le interessava dato che qualcuno aveva anche dato una sistemata alla catalogazione dell’archivio.

Tirò fuori il raccoglitore che le serviva e si girò per andarsene. Purtroppo però chi aveva sistemato aveva lasciato dei fogli volanti al suo interno e questi volarono leggeri a terra. Rania si abbassò per raccoglierli e un sorriso le spuntò sulle labbra quando si rese conto di cosa fosse.

Lorenzo K. Rossi

Il caso di quel ragazzino scomparso all’età di tredici anni era stato archiviato dopo circa tre anni d’indagini. Ogni indizio che riuscivano a trovare conduceva sempre e comunque ad un vicolo cieco. Come quel signore che aveva detto di averlo visto camminare tranquillamente sulla strada che conduceva fuori città. Avevano interrogato molte persone per sapere se anche qualcun altro avesse visto dove si stesse dirigendo, ma la risposta di ognuno era sempre la stessa: stava andando fuori città oppure camminava tranquillamente così che mi era sembrato un normale ragazzo che fa una passeggiata e non ho fatto caso alla sua direzione.
Alla fine si erano accorti addirittura che seguendo quella pista erano arrivati in aperta campagna – che poi come aveva fatto un ragazzo di undici anni a percorrere tutta quella strada a piedi restava un mistero per tutti – e lì le sue tracce si erano disperse come polvere al vento.

Da quel giorno erano passati ben sei anni e di lui non si era saputo più niente. Rania era sempre stata convinta che quel ragazzo si fosse rifatto un’altra vita, ma tutti quanti sembravano prenderla per matta, d’altronde quando mai un ragazzino era sparito da casa e non era morto? Mai. Questa era la risposta che le aveva sempre dato Rudolf, Ramon e Gorgie, ma non solo loro. A qualsiasi altro si rivolgesse all’interno della centrale ripeteva la stessa storia, eppure lei non aveva mai cambiato opinione. Prima o poi i morti vengono sempre alla luce.

Rimise tutto al proprio posto all’interno del raccoglitore e si diresse verso le scale che portavano al secondo piano. Quella mattina tutto l’edificio era stranamente silenzioso poiché non vi era quasi nessuno e chi c’era era indaffarato all’interno dell’ufficio. Quello era uno dei pochi giorni che tutti quanti dedicavano alla sistemazione della centrale.

Proprio mentre girava a destra alla fine del corridoio sentì qualcosa di pesante travolgerla e farla cadere e, insieme a lei, anche tutto ciò che aveva in mano. Alcuni fogli svolazzarono a destra e a sinistra prima di posarsi soffici sul pavimento di piastrelle bianche.

«Oddio, Rania. Scusami.»

Rania alzò gli occhi e si rese conto di chi fosse quel peso, era Gorgie. Probabilmente era venuta a cercarla. Dolorante si alzò in piedi e si massaggiò una natica. Ne era sicura, il giorno dopo ci sarebbe stato un livido. Vide l’altra abbassarsi e raccogliere quei fogli sparsi a terra ed il raccoglitore.

«Mi spiace Rania, perdonami. Ramon vuole che vai su e mi ha detto di venirti a chiamare. Come al solito ero distratta.»

Quella mattina non era per niente giornata. Dopo esser andata via dal luogo dell’incidente la mattina prima ed essersi sentita male, uno scivolone a terra non ce lo voleva proprio. I nervi erano tesi a fior di pelle e sentiva che sarebbe presto esplosa. In più stava aspettando una chiamata di sua madre. Si, le cose le stavano andando decisamente bene.

«Tranquilla, digli che adesso arrivo,» le telegrafò strappandole tutto dalle mani ed incamminandosi verso il bagno del pian terreno mentre l’altra la guardava con un’espressione tra lo sconvolto ed il divertito. Senza dire una parola anche lei se ne andò via, tornando da dove era venuta.

Rania intanto nel bagno si stava lavando il volto cercando di sbollire il nervosismo che si era impossessato di lei. Ma che diavolo le era preso? Era vero che Gorgie non le era mai stata chissà quanto simpatica, però non si meritava decisamente un trattamento del genere. Aveva reagito d’istinto e subito dopo si era sentita una grandissima, emerita merdaccia. Aveva visto la faccia leggermente scioccata dell’altra e proprio in quel momento si era resa conto dello sbaglio che aveva commesso.

†.†.†



Da lontano iniziava a provenire un rumore molto strano, come il suono di qualcosa, di una campana magari. Si girò su di un fianco trascinandosi dietro tutte le coperte e rimanendo completamente scoperto sulla schiena. Una fresca arietta si intrufolò fra le lenzuola facendolo rabbrividire, ma nonostante ciò continuò a dormire. Perché diavolo quella maledetta campana non la smetteva di suonare? Avrebbe fatto reclamo al comune, cavolo era mattina presto, saranno state le sei e le campane non potevano mettersi a far casino a quell’ora! Che poi, l’avrebbero preso sul serio?

Improvvisamente sbarrò gli occhi ancora immerso nella montagnola di coperte. Cacchio, quella non era una campana. Quella era la sua amata sveglia! Con un balzò scese giù dal letto e si diresse barcollante verso il bagno. La casa era ancora silenziosa, segno che Gregory ancora non si era alzato. D’altronde, perché avrebbe dovuto alzarsi così presto? Oggi era il suo giorno libero.

Si piazzò davanti allo specchio dove vide la sua stessa faccia. Quella mattina sembrava davvero uno zombie che era tornato dall’oltretomba. Si passò una mano in mezzo ai capelli ravvivandoseli. Attraverso lo specchio riusciva a vedere la doccia e lui non era mai riuscito a resistere alla tentazione di una doccia di prima mattina quando era stanco morto. Si girò, si tolse i boxer ed entrò all’interno della cabina. Stando attento a non beccarsi il getto d’acqua fredda che usciva sempre all’inizio, girò la manopola e quando vide alzarsi una nuvoletta di vapore vi si infilò sotto mentre iniziava immediatamente a rilassarsi.

Mentre si massaggiava il corpo con il bagnoschiuma alla pesca ripassò mentalmente il suo programma giornaliero: incontro alle sette e trenta con gli altri tre della combriccola, lezione all’università, pomeriggio da passare a casa a studiare una decina di pagine e poi serata con Gregor. Si prospettava una giornata molto noiosa, come diverse a quella parte.

Gregor intanto, coperto soltanto dalla vita in giù, iniziò a rabbrividire al contatto con l’aria fredda di quella mattinata. Voltò il capo verso destra e cercò di mettere a fuoco la sveglia: le sei e quaranta. Grugnendo leggermente si seppellì sotto le coperte e lì vi rimase fino alle sette e mezza.

Si portò completamente sotto il getto d’acqua e come questa gli colpì il viso trasalì leggermente a causa del troppo calore. Con una mano recuperò lo shampoo dalla piccola mensola posta lì accanto e ne se spremette una generosa quantità sul palmo mentre lo specchio iniziava a diventare appannato. Se lo portò ai capelli e iniziò ad applicarlo fino a che non si formò una montagnola di schiuma e successivamente la sciacquò via.

Chissà cosa stava facendo in quel momento sua sorella? Si era ripromesso di chiamarla il pomeriggio prima, ma poi gli era completamente passato di mente, impegnato com’era con Alyssa a programmare la situazione, niente doveva essere trascurato per far si che tutto andasse liscio come l’olio. A proposito, doveva ancora finire di compilare la scheda dell’avvocato perché si era perso il suo raccoglitore e non riusciva a trovarlo, erano quasi tre settimane che lo stava cercando, ma ancora non riusciva a trovarlo.

Dopo circa venti minuti di doccia uscì, si legò un asciugamano in vita e si diresse in cucinacucina a piedi scalzi, lasciando sul pavimento le orme umide dei suoi piedi. Aprì il frigo e tirò fuori una bottiglia di succo alla pera. Dalla credenza prese un bicchiere e se ne versò un po’. Aveva quasi finito di bere quando sentì il telefono di casa squillare. Chi diavolo era che telefonava alle sette meno dieci della mattina?

«Pronto?» chiese con in bocca ancora il sapore della pera mentre con un mano si grattava il braccio. Possibile che a novembre le zanzare non fossero ancora morte? I suoi occhi corsero alla mano e di conseguenza alla ferita che si era fatto due o tre giorni prima mentre stava tagliando la carne. Un evidente taglio ancora completamente rosso saltava subito all’occhio e di certo non era affatto una bella visione.

«Ciao, sono Alyssa. Scusa se ti disturbo a quest’ora ma ho avuto un’illuminazione proprio adesso. Sai il tuo quadernino?» Al suono di quelle poche parole pronunciate dall’altra, gli occhi del ragazzo, che fino a quel momento erano rimasti mezzi socchiusi, si aprirono di scatto. Se c’era anche solo una minima parte di ritrovarlo lui non poteva farsela sfuggire per niente al mondo.

«Che domande mi fai, Aly? Certo che lo so, l’ho perso io! Comunque sia, dimmi questa tua brillante illuminazione che ancora non mi sono dato per vinto. Cristo santo, lì dentro c’era appuntato di tutto. Se qualcuno lo trova e riesce a risalire a me saranno cazzi amari per me ed anche per te,» disse mentre la preoccupazione iniziava a farsi strada nella sua voce. Durante quelle settimane la possibilità che qualcuno avesse trovato il suo raccoglitore non aveva sfiorato nemmeno l’anticamera del suo cervello. In quel momento invece, puff, era entrata senza neanche chiedere permesso e lasciandolo completamente disorientato.

L’altra ridacchiò leggermente. «Tranquillo, non succederà niente di quello che pensi,» affermò lasciando l’altro molto perplesso.

«E di grazia, vorresti dirmi da dove proviene codesta sicurezza?» le chiese ironicamente. Alle volte davvero non la capiva. Quando meno te lo aspettavi arrivava le e ti toglieva immediatamente dal fango che tu stesso avevi creato.

«Ti ricordi quando siamo andati in quel luogo mezzo abbandonato da Dio? Ecco, lì mi ricordo che il quadernino ancora lo avevi. Molto probabilmente ti è caduto dallo zaino oppure lo avevi appoggiato per terra e poi lo hai dimenticato.»

Lo aveva sempre detto che quella donna era un genio. Come diavolo aveva fatto a non pensarci prima, dopotutto quello era l’unico posto in cui non aveva ancora controllato. Sospiro di sollievo. Lì non andava più nessuno oramai ed era alquanto improbabile che qualcuno avesse trovato il raccoglitore e lo avesse portato alla polizia o a casa con sé.

«Adesso devo andare, ci sentiamo dopo. Baci,» disse Alyssa e chiuse la conversazione.

Il ragazzo, ancora con il telefono in mano, si lasciò cadere a peso morto sopra ad una sedia e rilasciò un sospiro leggerissimo. Era come se un enorme macigno si fosse levato improvvisamente da sopra il suo petto e adesso riusciva a respirare liberamente. In quel momento si rese conto di stare indossando solamente un asciugamano e si decise ad andarsi a vestire. Prima di andare in camera guardò l’orologio: le sette in punto.

Non è ancora detta l’ultima parola, pensò mentre apriva l’armadio e ne estraeva un paio di jeans ed una maglietta a maniche corte.

Alle sette e mezza, in perfetto orario, si trovava già di fronte alla vecchia sede dell’università, in attesa degli altri tre, sempre in ritardo. Proprio come tutti gli altri giorni.

Stava giusto per prendere il cellulare da dentro lo zaino quando sentì un paio di braccia avvolgergli il collo e qualcuno che gli schioccava un bacio sulla guancia. Si girò e vide che era Alyssa.

«Aiutami a trovarlo.»



<b>note:<b/> Dico solo che questo capitolo non mi piace affatto. Pensavo fosse uscito meglio, ma pazienza. Non è niente di che, è solo un altro in cui si presentano un po' i personaggi e qualcosa di loro. Spero comunque che vi sia piaciuto.

Edited by Dollars1995 - 29/4/2011, 14:35
 
Top
keeykeeyTK
view post Posted on 28/4/2011, 20:23




nuova lettrice (: all'inizio mi ha turbata in senso buono ovviamente.. mi piace molto ** bella!
 
Top
.S t e r n.
view post Posted on 29/4/2011, 10:24




"Polo ed una Volkswagen"
Ehm, mi dispiace rovinare tutto...Ma la Polo è della Volkswagen ^_^
Per il resto: è bellissimo *__* Cioè, è tranquillo e credo sia più che altro una transizione tra una scena e l'altra. Mi è piaciuto ;) Ma vorrei sapere cosa c'era dentro al raccoglitore/quadernino, più avanti lo dici vero? **
 
Top
Dollars1995
view post Posted on 29/4/2011, 13:31




@keeykeeyTK

Che bello, un'altra lettrice *.*
Sono contentissima che ti piaccia. E... ti ha turbata ins enso buono? o.O non ho capito...


@.S t e r n.

No, ti prego dimmi che non l'ho scritto! *si nasconde in un angolino* Odio le pubblicità, mi confondono tantissimo...
Pardon, a volte ho piccoli momenti di schizofrenia, ma adesso sistemo tutto per bene così nessuno più leggerà quell'obrobrio che ho messo.
Comunque, si, diciamo che sarà una lunga transizione :D e naturalmente si verrà a sapere cosa c'è nel quadernino/raccoglitore, tranquilla.
 
Top
keeykeeyTK
view post Posted on 29/4/2011, 15:08




CITAZIONE (Dollars1995 @ 29/4/2011, 14:31) 
@keeykeeyTK

Che bello, un'altra lettrice *.*
Sono contentissima che ti piaccia. E... ti ha turbata ins enso buono? o.O non ho capito...


@.S t e r n.

No, ti prego dimmi che non l'ho scritto! *si nasconde in un angolino* Odio le pubblicità, mi confondono tantissimo...
Pardon, a volte ho piccoli momenti di schizofrenia, ma adesso sistemo tutto per bene così nessuno più leggerà quell'obrobrio che ho messo.
Comunque, si, diciamo che sarà una lunga transizione :D e naturalmente si verrà a sapere cosa c'è nel quadernino/raccoglitore, tranquilla.

L'inzio, il prologo xD mi ha ha fatta rimanere così o.o d del tipo" ok ora devo sapere cosa succede" ed era inquietante u.u adoro le FF che iniziano in modo da non farmi capire niente xD
 
Top
Dollars1995
view post Posted on 29/4/2011, 17:33




Ahh, ora ho capito.
Beh, anche a me piacciono molto le storie che iniziano così perché ti tengono sulle spine.
 
Top
.S t e r n.
view post Posted on 29/4/2011, 19:01




CITAZIONE (Dollars1995 @ 29/4/2011, 14:31) 
No, ti prego dimmi che non l'ho scritto! *si nasconde in un angolino* Odio le pubblicità, mi confondono tantissimo...
Pardon, a volte ho piccoli momenti di schizofrenia, ma adesso sistemo tutto per bene così nessuno più leggerà quell'obrobrio che ho messo.
Comunque, si, diciamo che sarà una lunga transizione :D e naturalmente si verrà a sapere cosa c'è nel quadernino/raccoglitore, tranquilla.

Oooh sveliamo un po' di segreti **
Ahah è quella pubblicità dei due tipi del parcheggio xD
 
Top
6 replies since 28/4/2011, 15:00   61 views
  Share