Capitolo 3
Mancava un giorno e ce ne saremmo andati via. Non potevo crederci che tre settimane erano volate così velocemente senza che me ne accorgessi.
Andreas era diventato a dir poco insopportabile: ripeteva in continuazione “Los Angeles, Los Angeles, Los Angeles” come una litania, non ne potevo più.
Jeremy e William, invece, avevano paura che mi dimenticassi di loro dopo che sarei tornato dalla California. La vedevo un po’ difficile visto che io ci tenevo a loro e non sapevano nemmeno quanto. Per loro, avevo rinunciato ad uscire alla sera con Andreas, alle ragazze, al sesso e all’alcool. Non rimpiangevo queste cose, anzi, stare con i gemelli mi faceva stare bene; ero felice nonostante mi ritrovassi dentro casa con due pargoli che mi gironzolavano intorno.
-Tom dobbiamo andare a comprare le cose da mangiare per il viaggio.- proferì Andy comparendo dalla cucina. Mi alzai dal divano sotto gli occhi curiosi di Jeremy e William.
-Va bene, vado a prendere il cappellino, il cellulare, il portafoglio e andiamo.- risposi, prima di avviarmi nella stanza.
Quando entrai e presi ciò che mi serviva, due testoline identiche apparvero davanti alla porta.
-Tomiii-, mi chiamò William correndomi incontro. Si fermò in tempo prima di sbattere contro le mie gambe e allungò le braccia all’ aria, –Mi pendi in baccio?- pigolò sporgendo il labbro inferiore.
Annuii, lo afferrai per le ascelle e lo tirai su. Si accoccolò con la testa sulla mia spalla.
Jeremy lo guardava con un po’ di gelosia...
–Vieni piccoletto. C’è posto anche per te!- esclamai sorridendo. Il bimbo mi venne incontro e presi, con un po’ di difficoltà, anche lui tra le braccia. Fortuna che non pesavano tanto.
-Tom! Ma quanto ci metti?!- urlò Andreas dal piano di sotto.
-E’ meglio se andiamo, se no, quella checca comincerà a starnazzare come le oche!- scherzai facendoli ridere.
-Tom, stavo pensando…- cominciò il platinato, mentre prendeva un pacchetto di biscotti e li infilava nel carrello.
-Non pensare, Andy, porti solo guai.- lo interruppi afferrando chissà quale dolce.
-Smettila di fare il coglione, Tom!- ribatté stizzito.
Ridacchiai divertito e lo lasciai parlare.
-Dicevo… Stavo pensando a dove alloggeremo in California. Tua madre non ci ha detto nulla al riguardo.-
Mi fermai in mezzo alla corsia, sbigottito da quelle parole.
In effetti, mia madre non aveva precisato nulla per quanto riguardava il posto dove saremmo stati, aveva solo detto che una macchina ci sarebbe venuta a prendere.
-Mamma mi ha detto solo che ci sarebbe venuta a prendere un'auto in aeroporto...-
-Oh! Benissimo! Quindi se ci venisse a prendere un assassino e ci ammazzasse, per tua madre andrebbe bene lo stesso!- trillò scioccato.
Ma quanto poteva essere stupido questo ragazzo?!, pensai con amarezza.
-Andreas, per cortesia, mia madre non ci affiderebbe al primo che capita, ok? Sa benissimo con chi ha parlato e chi ci verrà a prendere. Non farla tragica come al tuo solito... E comunque, mi spieghi che cazzo stai mettendo nel carrello?- chiesi indicando il carrello, a dir poco, pieno.
Andreas spostò lo sguardo dallo scaffale all’oggetto in ferro con le ruote e lo vide pieno di cose a lui sconosciute. –Non lo so, Tom. Sono scritti in italiano, non capisco che cosa siano, anche se dall’immagine sembrano buoni...-
Mi spiattellai una mano sulla fronte. –Andy, queste cose ci servono per il viaggio e non c’è una cosa sana!-
Andreas spalancò la bocca alle mie parole. Che avevo detto di tanto strano?
-E da quando tu mangeresti cose sane?- chiese con una punta di scherno.
-Tomi!- Jeremy puntò il suo ditino su degli ovetti con su scritto “Kinder”. Allora presi due pacchetti da tre e li misi nel carrello facendo urlare i due bambini dalla felicità. Si accontentavano veramente di poco, fortunati loro.
Dopo altri giri tra scaffali con cibarie varie, decidemmo che era ora di andare a pagare. I soldi fortunatamente erano di zia quindi avevo colto l’occasione di comprare di tutto e di più, approfittandomene.
Uscimmo dal supermercato e ci incamminammo verso casa, sperando di non perderci anche questa volta. Qualche metro più avanti, Jeremy e William mi imposero di fermarmi, facendo fare lo stesso anche ad Andreas che, poverino, aveva a carico tutte le buste della spesa.
-Voio andae al pacco!- trillò Jeremy indicando lo scivolo.
Lanciai un’occhiata d’intesa ad Andreas e lui annuì. Un po’ di riposo gli avrebbe fatto più che bene.
Ci sedemmo sulle panchine, mentre i due gemelli corsero verso i giochi. Mi accesi una sigaretta e ne offrii una anche al biondo.
-Come farai a stare senza i gemelli?- domandò dopo un po’ di silenzio.
-Non lo so, quei bambini mi hanno fottuto la testa. Da quando sto con loro, non sento più il bisogno di uscire, scopare e tutte quelle cose lì.-ammisi imbarazzato.
-Ohoh, dov’è finito il mio migliore amico? Che fine ha fatto il caro, vecchio Tom?-
Gli tirai una gomitata sul fianco, facendolo gemere di dolore e risi.
-Sono sempre qui, idiota. Quando saremo a Los Angeles, tutto ritornerà come prima.-
Mi stavo riposando sul divano del salotto, con gli occhi socchiusi. Avevo mille pensieri in testa, tutti inerenti all’imminente viaggio.
Mia madre non ci aveva detto niente per dove avremmo alloggiato. Come avremmo fatto a riconoscere la macchina che ci avrebbe portato nel nostro “appartamento”? E cosa avremmo fatto una volta arrivati lì? Va bene andare a divertirsi, ma avremmo fatto solo quello?
Era da un po’ di tempo che stavo pensando di frequentarmi seriamente con qualcuno. Ormai stavo per compiere vent’anni, e le scopate da una notte mi stavano annoiando. Tutto era uguale ed io ero stanco di questo. Volevo qualcosa di stabile, volevo qualcuno che mi amasse veramente.
Ma dove l’avrei trovata una persona del genere? Tutti mi definivano per routine: Tom Kaulitz, lo stronzo.
A Los Angeles, poi, mi sembrava ancora più impossibile trovare qualcuno di cui innamorarmi. Si, esatto: i.n.n.a.m.o.r.a.r.m.i.
Sarei stato lì tre mesi, giusto il tempo di farmi una sana vacanza, imparare per bene l’inglese e farmi qualche amico. Ma la ragazza? Insomma, non potevo stare con lei tre mesi per poi lasciarla, solo perché io sarei dovuto ritornare nella mia amata Germania. Soprattutto se poi mi fossi innamorato di lei; come avrei anche avuto solo il coraggio di dirle “mi dispiace, ho passato tre bellissimi mesi con te, ma anche se ci tengo, la nostra storia non può più continuare”?
Sbuffai.
Ma che cazzo di pensieri vai a fare Tom?Scacciai quelle riflessioni e cercai di pensare ad altro, ma qualcosa non me lo permise. Qualcuno si stese vicino a me – per quanto il divano lo potesse permettere - e già potevo intuire chi fosse.
Le sue mani presero ad accarezzare il mio petto, fino a scendere sull’addome. Erano delicate e leggere, quasi da non far sentire la loro presenza sul mio corpo.
Non avevo voglia di fare nulla, nemmeno di mandare via Diamante.
-Tom, ho voglia di te…- mi sussurrò all’orecchio con voce sensuale, per poi prendere tra le labbra il mio lobo e morderlo piano. Nonostante cercassi di ignorare la scarica elettrica che attraversò la mia spina dorsale, non potei ignorare il calore che si stava creando nei piani bassi.
Non le risposi come avrei invece fatto le altre volte, rimasi semplicemente in silenzio. La mia testa mi diceva di rifiutare, di allontanarla come le altre volte, ma ero stanco di dover ripetere per la milionesima volta: smettila, non sono interessato a te. Tanto lo immaginavo che Diamante non avrebbe mollato la presa.
-Mi vuoi?- domandai anche se inutilmente, visto che conoscevo già la risposta. Le sue labbra scesero a sfiorare il mio collo e un bacio bagnato mi diede la risposta.
Mi alzai di scatto dal divano, facendola spaventare, le tesi una mano e appena l’afferrò la portai su con me nella stanza. Probabilmente non stava capendo niente, ma presto, molto presto, avrebbe capito tutto.
-Tom, ma che diavolo…-
-Sta zitta!- la interruppi bruscamente, sbattendola contro il muro. Mi allontanai di poco per chiudere a chiave la camera, in modo che così nessuno sarebbe potuto entrare.
Ritornai da lei, le alzai le braccia sopra la testa e le tenni ferme lì con una mano, mentre con l’altra strinsi un suo fianco. Le baciai avidamente il collo, alternando i baci con dei piccoli morsi; lei piegò la testa di lato esponendo maggiormente il suo collo, in modo che potessi baciarlo meglio, e chiuse gli occhi godendosi quelle attenzioni.
La mano che avevo sul suo fianco, scivolò sotto la sua maglietta ed accarezzai il suo ventre piatto. Poco dopo salì ancora e, quando mi aspettai di trovare il reggiseno, la mia mano si scontrò direttamente con la pelle morbida del suo seno. Ne presi uno e cominciai a massaggiarlo.
Non mi ero staccato un secondo dal suo collo. Abbassai il braccio che teneva in aria le braccia di Diamante e la portai ai suoi jeans. Cominciai a slacciarli e poi decisi che era ora di fare sul serio.
Staccai la bocca dal suo collo e scontrai le mie labbra con le sue, infilando la lingua nella sua bocca. Era un bacio rude, uno di quelli che ti lasciano senza fiato.
Le sue mani scesero al di sotto della mia maglietta e si infilarono sotto di essa, accarezzando lentamente il mio corpo tonico e scolpito. Mi staccai da lei e presi a baciarle un seno leccando la rosa intorno al capezzolo, strappandole un gemito. Sorrisi impercettibilmente, amavo sentire quei gemiti di godimento a causa mia.
Il mio pene si fece duro e i boxer cominciarono ad essere molto stretti. Non potevo rimanere vestito ancora per molto.
Mi staccai dal suo seno e, finalmente, le sfilai la maglietta e le feci scendere lungo le sue gambe snelle e sode i jeans.
Riunii le nostre bocche e delicatamente, infilai la mani nei suoi slip e misi un dito nella sua femminilità. I suoi gemiti si fecero più alti, però era ora che anch’io avessi un po’ d’attenzione.
-Io sono ancora vestito…- le ricordai all’orecchio, leccandole il lobo poco dopo.
Diamante sorrise maliziosamente e mi sfilò la maglietta mentre mi mordeva dolcemente il labbro inferiore. Sorrisi e la baciai con avidità.
Le sue mani scivolarono sopra il bordo dei jeans e cominciarono a slacciare la cintura. I jeans mi scivolarono fino alle caviglie, dopo di che me li levai con un calcio.
Abbassò lo sguardo e quando si accorse della mia erezione ancora imprigionata nei boxer, allungò una mano e l’accarezzò. Un lieve gemito uscì dalla mia bocca e mi spinsi a quel tocco.
Si mise sulle ginocchia, col viso davanti al mio pene duro e caldo, e con le mani abbassò i boxer. Gemetti al contatto dell’aria fresca sul mio cazzo. Diamante lo prese in mano alla base e con la lingua segnò il tracciato della mia vena gonfia e pulsante.
La sua lingua arrivò fino alla punta e la leccò. Mi spinsi verso la sua bocca e lei, soddisfatta, l’aprì accogliendomi. Cominciò a succhiare, a contrarre le guance creando una specie di sottovuoto -facendomi eccitare ancora di più-, mentre la sua lingua leccava allegramente tutta la mia erezione.
Involontariamente mossi il bacino e spinsi il mio pene nella sua bocca ancora più in profondità e gemette. La mia mano destra, afferrò i suoi capelli per aiutarla nei movimenti.
Cazzo, non immaginavo fosse così brava!, pensai continuando a scopare la sua bocca.
Sentivo che stavo per venire, ma non potevo. Prima dovevo scoparmela!
Mi sfilai dalla sua bocca con il suo disappunto, la feci rimettere in piedi e la presi in braccio a mo’ di principessa con sua sorpresa.
La feci sdraiare con delicatezza e mi sistema tra le sue gambe. Ripresi a massaggiare la sua femminilità con due dita, mentre le facevo un succhiotto sul collo.
Almeno, pensai, avrebbe avuto un bel ricordo di me.
Quando la sentii abbastanza larga per poter accogliere il mio ‘amico’, mi posizionai meglio tra le gambe, aprii il cassetto che stava vicino al letto e presi un preservativo. Aprii il pacchettino e mi infilai il profilattico con attenzione.
Diventare padre era l’ultima cosa che volevo accadesse.
Spinsi piano la punta in lei, per non farle male, e pian piano mi ritrovai dentro completamente. Attesi che Diamante mi facesse segno di incominciare a muovermi. Le diedi un piccolo bacio e la guardai negli occhi. Erano velati di piacere, proprio come i miei.
-Muoviti, Tom.- mormorò baciandomi.
Feci come mi disse e cominciai a muovermi, osservando ogni sua smorfia.
-Tom, più veloce! Ah…- gemette inarcando la schiena.
Invertimmo le posizioni e prese a muoversi su di me. Misi le mani intorno ai suoi fianchi e coordinai le mie spinte con le sue facendo ansimare entrambi.
Velocizzai le spinte e Diamante urlò quando beccai un punto dentro di lei. Sorrisi e continuai a spingermi dentro, sperando di beccare ancora quel punto che mandava in estasi entrambi.
-Più…Veloce…Oddio…Tom…- gemette portando le mani sulle mie spalle e infilzando le unghie nella carne. Ansimai a quel contatto. Stavo iniziando a spingermi a scatti, sentivo tutto il ventre in fiamme.
-S-to…Per…Venire…- ansimai senza fermarmi.
Diamante annuì e mi baciò, cercando la mia lingua. Le feci incontrare e nel mentre, presi in mano un seno e lo massaggiai, facendola gemere nella mia bocca. Mi rimisi su di lei e continuai a spingere, finché non venni dentro al profilattico. Mi accasciai sul suo corpo, per regolare il respiro, e poi uscii da lei e mi misi al suo fianco.
Diamante appoggiò la testa sul mio petto, ma io la scostai. Mi ero ricordato che dovevo preparare ancora le valigie… Ma che ora era?
Afferrai il cellulare dalla tasca dei jeans e vidi che erano le otto meno un quarto.
Strano che non abbiamo ancora cenato… pensai.
-Tom perché ti sei alzato?- chiese Diamante coprendosi col lenzuolo.
Che bisogno aveva di coprirsi se avevo già visto tutto?
-Perché devo prepararmi Diamante. Domani me ne vado.- risposi freddo, prendendo una valigia da sotto il letto e mettendola sul materasso.
-Ma… Tom!-
-Hai ottenuto quello che volevi, puoi lasciarmi stare adesso?- sbottai innervosito da tutte quelle lamentele. Cominciai a prendere i vestiti dall’armadio e posizionarli ordinatamente all’interno della valigia.
-Tom, ma… Lo volevi anche tu…- disse con indecisione.
-Sì, mi serviva una scopata con una ragazza italiana, prima che me ne vado a Los Angeles e mi scopi quelle americane, e poi, almeno, ora smetterai di rompermi l’anima.- risposi senza mai alzare lo sguardo per guardarla.
-Sei…-
-Uno stronzo, lo so.- sorrisi, –Ora puoi andartene, mi sono divertito, ma adesso non ho più bisogno di te.- le presi i vestiti e gliele lanciai addosso e con lo sguardo la incentivai a muoversi.
-Ho altro da fare, Diamante!- sbottai vedendo che ancora non si vestiva.
Cominciò a piangere e si vestì velocemente. Si alzò dal letto e camminò piano fino alla porta. Si fermò e io la guardai con un sorriso bastardo sulla bocca.
-Ciao, dolcezza.- la salutai anche con la manina e scoppiò a piangere andandosene.
Chiusi la porta e mi guardai intorno: avevo davvero un sacco da fare.
Qualcuno stava bussando alla porta da dieci minuti buoni, ma io non avevo per niente voglia di alzarmi. Mi girai dall’altra parte sperando che quel rumore incessante smettesse di disturbarmi.
-Tom, porca puttana, ti vuoi alzare?!- sbottò Andreas da dietro la porta, battendo un pugno più forte degli altri.
Grugnii infastidito e mi alzai dal letto. Odiavo la mattina, cazzo!
-Che vuoi!?- chiesi bruscamente, dopo aver aperto la porta.
-Sono le sei, Tom! Abbiamo un aereo alle otto per Los Angeles da prendere! Cazzo, vuoi per caso perderlo!?-
Mi svegliai di colpo in quel momento. Finalmente era arrivato il momento che aspettavo da una vita!
-No, faccio in fretta, giuro!- gli sbattei la porta in faccia e cominciai a vestirmi. Non dovevamo fare tardi per nulla al mondo.
Dopo essermi lavato, vestito e assicurato di aver preso tutto, portai le valigie al piano inferiore. Andreas stava strillando come un pazzo perché non trovava la piastra che aveva usato in quei giorni, senza rendersi conto che facendo così avrebbe svegliato Jeremy e William.
-Andreas, cazzo! Vuoi smetterla di urlare?!- sbottai infastidito.
Andreas tacque e riprese a cercare la piastra in assoluto silenzio.
Zia ridacchiò e mise il caffè nelle tazze, –Andreas è proprio agitato, eh?-
Annuii con un grugnito e bevvi il caffè datomi da zia. Avevo proprio bisogno di qualcosa che mi svegliasse per bene.
Diamante venne in cucina sbadigliando, ma quando si accorse della mia presenza, evitò di guardarmi in faccia.
-Io vado a dare una controllata ai gemelli.- Mi alzai dal tavolo e uscii dalla stanza sotto gli occhi tristi di mia cugina.
Entrai nella stanza dei bambini e sorrisi vedendoli dormire uno vicino all’altro. Erano proprio due angeli. Mi avvicinai e accarezzai piano le loro testoline, senza volerli svegliare.
Mi sarebbero mancati da morire. Mi promisi che avrei chiamato ogni giorno per sentirli, almeno avrebbero sempre capito che io non mi sarei mai e poi mai dimenticato di loro.
Li baciai sulla fronte e sussurrai loro che gli volevo tanto bene, che sarebbero sempre stati dentro il mio cuore.
Uscii dopo aver dato loro un’ultima occhiata e ritornai al piano di sotto.
-Possiamo andare?- domandò zia dopo aver preso le chiavi dell’auto.
-Sì.- risposi semplicemente prendendo le mie valigie.
Arrivammo in aeroporto con dieci minuti di anticipo e ci sedemmo nella sala d’aspetto. Andreas aveva notato che Diamante non era solare e maliziosa come al solito e che, anzi, aveva tenuto la testa bassa e l’espressione triste per tutto il viaggio.
Mi lanciò un’occhiata come a volermi chiedere se c’entrassi qualcosa, ma sapeva che era così. Ad ogni modo non mi sembrava il caso di spiegargli il malumore della ragazza davanti a zia, perché di sicuro si sarebbe presa un infarto.
“I signori viaggiatori sono pregati di raggiungere il gate dell’aereo 4256 per Los Angeles”
-Fate buon viaggio ragazzi.- ci salutò zia con un abbraccio e un sorriso che io e Andreas ricambiammo. Diamante non alzò la testa nemmeno per un attimo. L’abbracciai e le diedi un bacio sulla guancia sotto gli occhi sorpresi di tutti.
Mi sembrava così indifesa in quel momento.
Diamante e Andreas si salutarono e poi ci allontanammo. Facemmo il check-in e salimmo sull’aereo.
Los Angeles, stiamo arrivando!Los Angeles, stiamo arrivando!Note Finali dell'autrice: Il sesso tra Tom e Diamante, non era una cosa programmata, anzi, non doveva proprio esserci. Però, tra una cosa e l'altra, è venuta fuori.
Finalmente Diamante la smetterà di rompere -forse- di voler far sesso con Tom. Ma chi lo sa? *ride*
Andreas in questo capitolo, mi sembra un po' stupido eh XD
Gradirei che i commenti fosse fatti con sincerità.
Inoltre, da questo capitolo, la storia verrà
betata. Quindi, si, questo capitolo è originale, perché non ha subito modifiche da altre persone, però l'ho mandato alla beta, quindi poi lo modificherò, mettendo quello corretto.
Spero vi sia piaciuto, ragazze**